LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza n. 81/93/org., sul ricorso
 iscritto al n. 720/R del registro di segreteria,  proposto  dal  sig.
 Cultrera Alberto rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore La Rosa e
 dall'avv.  Enrico Restivo ed elettivamente domiciliato presso la stu-
 dio dell'avv. Restivo in Palermo, via Notarbartolo n. 15, avverso  il
 provvedimento  di  diniego  dell'applicazione  dei  benefici  di  cui
 all'art. 9 della legge regione sicilia del 27 dicembre 1985, n. 53;
    Uditi alla pubblica udienza del 3 dicembre 1992 il relatore, primo
 Referendario dott.ssa Angela Silveri,
 l'avv. Enrico Restivo ed il p.m.  in  persona  del  vice  procuratore
 generale dott. Antonio Dagnino;
    Esaminati gli atti ed i documenti di causa;
                               F A T T O
    Il  sig. Cultrera Alberto, gia' dipendente statale in posizione di
 comando presso l'assessorato del lavoro e  della  previdenza  sociale
 della  regione  siciliana  dal  3  aprile  1979  al  31  luglio 1985,
 collocato in pensione a domanda con  decorrenza  1  agosto  1985  per
 raggiunti  limiti  di  servizio,  in  data 10 gennaio 1986 presentava
 istanza   per  l'attribuzione  dell'assegno  mensile  integrativo  di
 quiescenza previsto dall'art. 9, secondo comma, della legge regionale
 siciliana del 27 dicembre 1985, n. 53 per il "personale statale, gia'
 in posizione di comando presso l'amministrazione regionale a  seguito
 di  trasferimento  alla  regione  ai  sensi  dell'art. 2, collocato a
 riposto a decorrere dal 1 gennaio 1984".
    Dopo vari solleciti e quando era stato  nel  frattempo  emesso  da
 parte  del Ministero del lavoro e della previdenza sociale il decreto
 n. 18924 del 26  luglio  1988  di  liquidazione  della  pensione,  la
 presidenza  della  regione  con  nota  n.  9614 del 27 settembre 1990
 comunicava all'interessato che non era possibile  accogliere  la  sua
 richiesta  poiche'  l'art.  9  della  legge reg. n. 53/1985 era stato
 modificato dall'art. 16 della legge regionale 15 giugno 1988,  n.  11
 ed  alla  dizione  "collocato  a riposo" recata dall'art. 9 era stata
 sostituita l'espressione cessato  dal  servizio  per  collocamento  a
 riposo di ufficio o per decesso".
    Avverso  il  provvedimento  di diniego del menzionato beneficio il
 Cultrera ha presentato ricorso in data 13  novembre  1990  conferendo
 procura speciale ad litem, disgiuntamente, agli avvocati Salvatore La
 Rosa ed Enrico Restivo del foro di Palermo.
    Egli  lamenta,  innanzitutto,  violazione  dell'art. 9 della legge
 regione  sicialia  n.  53/1985  in  relazione   all'art.   11   delle
 disposizioni  della  legge  in  generale  approvate con r.d. 16 marzo
 1942, n. 262.  Afferma,  in  proposito,  che  la  modifica  di  detto
 articolo  9  apportata  dalla  legge  reg.  n. 11/1988 non puo' avere
 efficacia retroattiva  per  il  divieto  di  cui  all'art.  11  delle
 disposizioni  sulla  legge  in  generale  e  che,  comunque, non puo'
 incidere sul diritto quesito di chi  ne  aveva  formulato  tempestiva
 richiesta  di  applicazione;  diritto  rimasto  inattuato solo per le
 inadempienze burocratiche dell'amministrazione.
    Deduce, poi, violazione dell'art. 9 della legge reg.  n.  53/1985,
 in  relazione  all'art. 32 della legge reg. n. 11/1988 ed all'art. 10
 delle disposizioni sulla legge in generale.
    Sostiene, al riguardo, che la legge reg. n.  11/1988  non  avrebbe
 inteso  disporre  retroattivamente; ed in effetti in attuazione degli
 artt. 10 e 11 delle disp.  prel.  al  cod.  civ.,  l'art.  32  ne  fa
 decorrere   l'attuazione   dal   giorno  successivo  a  quello  della
 pubblicazione e, cioe', dal 19 giugno 1988.
    Lamenta, infine, violazione degli artt. 3 e 36 della  Costituzione
 in  riferimento all'art. 16 della legge reg. n. 11/1988 ed all'art. 9
 della  legge  reg.  n.  53/1985.  Sostiene,  in  proposito,  che   il
 menzionato  art. 9, introducendo l'assegno integrativo di quiescienza
 calcolato per differenza tra il trattamento  pensionistico  spettante
 al  personale  regionale  e  quello  spettante  al  personale statale
 comandato  presso  gli  uffici  regionali,  aveva  inteso   eliminare
 ingiustificate  disparita'  di  trattamento  tra  dipendenti operanti
 nella  stessa  amministrazione,  collocati  a   riposo   in   analoga
 situazione  di  qualifica  ed  anzianita'. Con la modifica introdotta
 dalla legge reg. n. 11/1988 si e', invece, introdotta  altra  e  piu'
 grave disparita' tra soggetti uguali, discriminando solo in ordine al
 fatto che ciascun dipendente venisse collocato a riposo a domanda per
 raggiunti  limiti  di  servizio  ovvero "di ufficio e per decesso"; e
 cio' in dispregio agli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    Il ricorrente chiede, in definitiva, che sia dichiarato il diritto
 a percepire l'assegno integrativo di quiescenza ed, in subordine, che
 siano rimessi gli atti alla Corte costituzionale.
    In data 14 marzo 1991 si sono costituiti in giudizio la presidenza
 della  regione  siciliana e l'assessorato regionale al lavoro ed alla
 previdenza sociale a mezzo dell'avvocatura dello Stato,  che  non  ha
 pero' prodotto memorie difensive.
    Il  procuratore  generale, nelle conclusioni scritte depositate il
 17 marzo 1992, ha osservato che l'art. 16 della legge reg. n. 11/1988
 non da' un'interpretazione autentica dell'art. 9 della legge reg.  n.
 53/1985;   la  norma,  quindi,  non  avrebbe  efficacia  retroattiva,
 limitandosi a sostituire il citato art. 9 a decorrere dalla  data  di
 entrata  in  vigore  della  legge  n. 11/1988 e, cioe', dal 19 giugno
 1988. Pertanto, poiche' il ricorrente al momento del collocamento  in
 quiescenza  aveva  i  requisiti  per  l'attribuzione del beneficio in
 questione e considerato che detti requisiti sarebbero  invece  venuti
 meno con la legge reg. n. 11/1988, ha chiesto l'accoglimento parziale
 del   ricorso   con  riconoscimento  del  diritto  alla  attribuzione
 dell'assegno dalla data di collocamento a riposo (1 agosto 1985) fino
 al giorno antecedente l'entrata in vigore della legge n. 11/1988  (18
 giugno 1988).
    Con  memoria  depositata  il  12  novembre  1992 il ricorrente ha,
 innanzitutto, contestato la tesi sostenuta dal procuratore  generale.
 Egli     afferma,     richiamando     orientamenti    dottrinali    e
 giurisprudenziali, che la non  retroattivita'  della  legge  equivale
 alla  non  applicazione della legge nuova ai rapporti sorti nel tempo
 anteriore alla sua emanazione e che,  quindi,  i  diritti  acquistati
 sotto  l'impero  della  legge  precedente  permangono sotto il vigore
 della legge nuova, che non puo' essere  applicata  a  fatti  passati,
 disconoscendo  gli effetti gia' verificatesi. Cio' significa che, nel
 caso concreto, il diritto del ricorrente a  beneficiare  dell'assegno
 integrativo  di  quiescenza  sorto  in virtu' dell'art. 9 della legge
 reg. n. 53/1985 non puo' venir meno per effetto  dell'art.  16  della
 legge  reg. n. 11/1988, considerato che la disposizione ivi contenuta
 non ha, come sostenuto il p.g., effetto retroattivo. Insiste, quindi,
 per l'accoglimento integrale del ricorso. In subordine,  conferma  ed
 amplia  i  motivi di illegittimita' costituzionale dell'art. 16 della
 legge reg. n. 11/1988.
    All'odierna pubblica udienza l'avvocato  Restivo  ed  il  pubblico
 ministero hanno confermato le richieste formulate nei rispettivi atti
 scritti.
                             D I R I T T O
    La  controversia pone non solo il problema dell'accertamento di un
 diritto, ma anche quello antecedente e  piu'  impegnativo  sul  piano
 logico  giuridico  di  stabilire  l'efficacia  temporale dell'art. 16
 della legge regionale 15 giugno 1988 n. 11 e, quindi, in  ipotesi  di
 retroattivita',  della  possibile  illegittimita'  costituzionale  di
 detto articolo.
    Per  una  giusta  definizione  di  tale  controversia,  oltre  che
 cogliere  l'esatto  significato  ed  il  limite di applicazione della
 normativa coinvolta, occorre precisare la natura dell'art.  16  e  la
 sua coerenza con le norme costituzionali.
    A   tal  fine  va  subito  precisato  che  di  regola  alle  nuove
 disposizioni di legge non viene attribuito un carattere  retroattivo,
 a  meno  che l'efficacia delle stesse non venga estesa esplicitamente
 ad una data anteriore a quella della loro entrata in vigore;  e,  nel
 dubbio   indotto   dalla   possibile   ambiguita'   del  testo,  deve
 privilegiarsi l'interpretazione conforme al principio generale  della
 irretroattivita'  posto  dall'art.  11  delle  disp.  prel. al codice
 civile. Restano, pero', escluse dall'ambito di applicazione di questo
 principio le norme interpretative.
    Va  detto  anche  che,  se  e'  vero  che  il  principio  di   non
 retroattivita'  al  di fuori della materia penale e' contenuto in una
 legge  ordinaria  e  non  ha,   quindi,   una   immediata   rilevanza
 costituzionale, e' altrettanto vero che una nuova norma puo' disporre
 retroattivamente sempre che non violi alcun principio costituzionale.
 E,  nel  caso particolare delle norme interpretative, la legittimita'
 costituzionale delle stesse esige che debbano avere come  unico  fine
 l'eliminazione delle diverse tesi interpretative che traggono origine
 dalla   difficolta'  e  dall'ambiguita'  del  testo;  devono,  cioe',
 mantenere fermo il testo della legge  che  interpretano  (cfr.  Corte
 costituzionale n. 155/1990).
    Ora, la legge della regione siciliana 27 dicembre 1985, n. 53 - la
 stesa  che  ha  provveduto  all'inquadramento nei ruoli regionali del
 personale statale posto in posizione di comando  in  conseguenza  del
 trasferimento  delle funzioni e degli uffici dallo Stato alla Regione
 stessa - dispone all'art. 9,  secondo  comma,  che  a  questo  stesso
 personale collocato a riposto non anteriormente al 1 gennaio 1984 sia
 attribuito  un assegno integrativo di quiescenza pari alla differenza
 tra  il  trattamento  pensionistico  percepito  ed   il   trattamento
 spettante  al  personale  regionale di corrispondere qualifica e pari
 anzianita', ferma restando  la  misura  massima  prevista  dal  primo
 comma.
    Nel   conferimento   del   diritto   all'assegno   integrativo  di
 quiescenza, l'unica restrizione prevista dalla legge  del  1985  era,
 dunque,  quella  stabilita con l'indicazione della data del 1 gennaio
 1984;  data  che  serve  a  delimitare  i  soggetti  da  prendere  in
 considerazione  per  l'attribuzione  dell'assegno e che non ha alcuna
 relazione con la decorrenza del diritto.
    La successiva legge regionale n.  11/1988,  nell'introdurre  nuove
 norme  sullo stato giuridico ed economico del personale regionale per
 il triennio 1985/1987, dispone all'art. 16 una integrale sostituzione
 dell'art. 9 della precedente legge n. 53/1985.
    Il nuovo testo  dell'art.  9,  secondo  comma,  prevede  ulteriori
 restrizioni  per  l'attribuzione  dell'assegno,  indicando come unici
 destinatari del diritto i dipendenti statali  comandati  collocati  a
 riposo  d'ufficio  o  per  decesso, escludendo implicitamente, cioe',
 quegli altri soggetti che sono andati in quiescenza a domanda.
    D'altra parte, mentre dal testo dell'art. 9, secondo comma,  della
 legge n. 53/1985 non trapela nulla che possa indurre a pensare che il
 disposto  della  norma debba avere effetto da data anteriore a quella
 della sua entrata in vigore, dal nuovo testo di questo stesso  comma,
 laddove  prevede che l'assegno integrativo di quiescenza debba essere
 attribuito al personale cessato  dal  servizio  "con  decorrenza  non
 anteriore  al  1  gennaio  1984 e fino alla data di entrata in vigore
 della presente legge" (e, cioe', fino  all'entrata  in  vigore  della
 predetta   legge   regionale  siciliana  n.  53  del  1985),  risulta
 chiaramente che la sostituzione di una norma con l'altra non puo' che
 avere carattere retroattivo.
    Se  cosi'  non  fosse  ci si imbatterebbe in una situazione di non
 senso della legge, sia perche', pur disponendo con testo  diverso  in
 un  periodo  in  cui  vige  una  precedente  legge,  non  prevede  la
 sostituzione di quest'ultima a partire da quel periodo, sia  perche',
 dopo  l'avvenuto  inquadramento  previsto dalla legge n. 53/1985, non
 esiste piu'  alcun  soggetto  che  possa  essere  destinatario  delle
 disposizioni  recate dall'art. 16 della nuova legge. Per il combinato
 disposto di cui agli artt. 2  e  12  della  legge  reg.  n.  53/1985,
 infatti,  il  personale statale in questione cessa dalla posizione di
 comando (salvo alcune ipotesi transitorie) o  per  inquadramento  nei
 ruoli  regionali  o  per  mancato  esercizio  del  diritto di opzione
 all'inquadramento stesso.
    Chiarito il quadro normativo di riferimento e dopo aver  messo  in
 luce  la  retroattivita'  dell'art. 16 della legge regione sicilia n.
 11/1988,  occorre  ora  valutare  la  fondatezza  della  domanda  del
 ricorrente,  tenuto ovviamente conto della tesi sostenuta al riguardo
 dal procuratore generale.
    Il ricorrente, gia'  dipendente  statale  comandato  negli  uffici
 regionali, collocato a riposo a domanda con decorrenza 1 agosto 1985,
 sostiene  che  la  modifica  apportata  dall'art. 16 non puo' trovare
 applicazione  nei  suoi  confronti,  poiche'  trattasi  di  norma  ad
 efficacia  non  retroattiva  entrata in vigore, ai sensi dell'art. 32
 della stessa legge, il 19 giugno 1988 e, cioe', in data successiva  a
 quella del proprio collocamento a riposo.
    L'interpretazione  sostenuta  dal  ricorrente non corrisponde alla
 vera  natura  dell'art.  16  che,  come  abbiamo  visto,   ha   forza
 retroattiva;  la  posizione  giuridica del ricorrente stesso rientra,
 quindi, nella sfera di applicazione dell'articolo  in  questione,  il
 quale esclude dal diritto all'assegno integrativo di quiescenza tutti
 i  soggetti  che,  come  l'attore,  siano  stati collocati a riposo a
 domanda.
    E va qui di nuovo ribadito che il disposto della norma di  cui  si
 tratta  non  riguarda il collocamento a riposo ma la sostituzione del
 testo dell'art. 9 con quello recato  dallo  stesso  art.  16;  ed  e'
 questa   sostituzione   che,   per   le  ragioni  esposte,  ha  forza
 retroattiva, riguardando lo  stesso  personale  preso  a  riferimento
 dalla precedente legge n. 53/1985.
    Tanto  meno fondata e' la tesi sostenuta dal procuratore generale,
 secondo cui l'art. 16 della legge reg. n. 11/1988, poiche'  non  reca
 interpretazione  autentica  dell'art.  9 della legge reg. n. 53/1985,
 non ha efficacia retroattiva.
    Va sottolineato in proposito che di retroattivita' si parla non in
 relazione a particolari categorie di norme ma  con  riferimento  alla
 possibilita'  che  il  dispositivo  estenda  la  propria efficacia al
 passato; percio', oltre a  quelle  interpretative  che  lo  sono  per
 natura   e   funzione,   altre   norme   possono  assumere  carattere
 retroattivo.
    Nel caso di specie e' evidente che il testo  recato  dall'art.  16
 della  predetta  legge regione sicilia n. 11/1988 e' innovativo e non
 interpretativo dell'ordine giuridico preesistente; ma cio' che  rende
 retroattiva  la  norma  ivi  contenuta  e'  l'aver  previsto  che  la
 sostituzione di  un  testo  all'altro  debba  aver  effetto  da  data
 anteriore a quella dell'entrata in vigore della legge.
    Non  trova  alcun  riscontro giuridico neppure l'altro assunto del
 p.g. per cui, posta la non retroattivita' del predetto  art.  16,  si
 debba riconoscere al ricorrente il diritto all'assegno integrativo di
 quiescenza  limitatamente  al  periodo  intercorrente  tra la data di
 collocamento a riposo  (1  agosto  1985)  ed  il  giorno  antecedente
 all'entrata in vigore della legge n. 11/1988 (18 giugno 1988).
    L'art.  9  della  legge reg. n. 53/1985, infatti, non ha - come e'
 stato evidenziato - carattere retroattivo. L'erogazione  dell'assegno
 integrativo  di  quiescenza,  pertanto, non potrebbe avere decorrenza
 dalla data di collocamento a riposo del  ricorrente,  essendo  questa
 precedente a quella dell'entrata in vigore della legge istitutiva del
 beneficio  (cfr.  Corte  conti,  sez.  giur.  sic.,  n.  9/91/R del 7
 febbraio-13 giugno 1991).
    Non esistendo, d'altro canto, alcuna espressione del testo  recato
 dall'art. 16 della legge reg. n. 11/1988 che possa far pensare ad una
 cessazione  del diritto con l'entrata in vigore della stessa legge n.
 11/1988, sospendere l'erogazione  dell'assegno,  in  ipotesi  di  non
 retroattivita'  della norma, sarebbe un atto del tutto illegittimo ed
 arbitrario.
    Dalle argomentazioni sopra esposte emerge,  quindi,  che  il  caso
 all'esame   va  risolto  alla  luce  delle  disposizioni  recate  non
 dall'art. 9 della legge reg. n. 53/1985 ma dall'art. 16  della  legge
 reg.  n. 11/1988. Con la conseguenza che, trattandosi di collocamento
 a riposo a domanda  e  non  d'ufficio,  il  ricorso  dovrebbe  essere
 respinto  per carenza delle nuove condizioni soggettive introdotte da
 quest'ultima legge.
    Resta, peraltro, da verificare se - come dedotto dal ricorrente  -
 debba  fondatamente dubitarsi della legittimita' costituzionale della
 norma in  discorso  e  se  debba,  quindi,  sospendersi  il  giudizio
 rimettendo gli atti al giudice delle leggi.
    La  questione  e',  in  realta',  rilevante  e  non manifestamente
 infondata.
    Sul punto della rilevanza e' sufficiente  considerare  che  se  la
 norma  fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in
 cui limita l'attribuzione dell'assegno integrativo di  quiescenza  al
 personale collocato a riposo d'ufficio o per decesso, con esclusione,
 quindi,  dei  casi  di collocamento a riposo a domanda, il ricorrente
 avrebbe diritto alla liquidazione  di  tale  assegno,  essendo  stato
 collocato  a  riposo  a domanda nel periodo preso a riferimento della
 norma stessa.
    Sul punto della non manifesta infondatezza ritiene il collegio che
 la disposizione in discorso contrasti con gli  artt.  3  e  36  della
 Carta costituzionale.
    Va  ribadito,  in  proposito,  che  l'intento  della legge reg. n.
 53/1985 era quello di pervenire, tramite  l'inquadramento  nei  ruoli
 regionali,  ad  uniformita' di trattamento giuridico ed economico del
 personale regionale e del personale statale  che  aveva  operato  per
 l'Amministrazione regionale permanendo in posizione di comando.
    Anteriormente  all'emanazione  di  questa  legge, per sopperire al
 ritardo  nell'operazione  di   inquadramento,   lo   stesso   intento
 perequativo era stato perseguito, in materia di trattamento economico
 di attivita', dalla legge reg. 28 dicembre 1979, n. 254 che, all'art.
 3,  aveva previsto per il personale di cui trattasi l'attribuzione di
 acconti  in  misura  dell'ottanta   per   cento   dei   miglioramenti
 retributivi  stabiliti  per il personale regionale e dalla legge reg.
 29   dicembre   1980,   n.   145   che,  all'art.  55,  disponeva  la
 corresponsione di una indennita' mensile pari alla differenza tra  la
 retribuzione  statale  e quella percepita dai dipendenti regionali di
 uguale qualifica ed  anzianita'.  Il  trattamento  pensionistico  del
 personale  statale comandato era, invece, ancora rapportato alla sola
 retribuzione statale.
    In tale contesto va letto il disposto di cui all'art.  9,  secondo
 comma,  della  legge  regione  sicilia  n.  53/1985,  che  istituisce
 l'assegno integrativo di quiescenza in favore di quei  soggetti  che,
 pur  virtualmente  inquadrabili  nei ruoli regionali, restano esclusi
 dall'inquadramento perche' collocati a riposo prima  dell'entrata  in
 vigore della stessa legge n. 53/1985.
    Da   questa   angolatura   l'assegno  integrativo  appare  omologo
 all'indennita' retributiva  mensile  introdotta  dall'art.  55  della
 legge  reg.  n.  145/1980  ed  ha,  quindi,  lo scopo di perequare il
 trattamento pensionistico dei soggetti in questione  con  quello  del
 personale  statale  transitato  nei  ruoli  regionali  che,  ai sensi
 dell'art. 9, primo comma, beneficia di pensione liquidata secondo  la
 normativa regionale.
    Il  disposto di cui al predetto art. 9, secondo comma, della legge
 regione sicilia e' ad applicazione  generale,  riguardando  tutto  il
 personale  statale  comandato  collocato  a  riposo  con decorrenza 1
 gennaio 1984. Con tale norma, quindi,  il  legislatore  siciliano  ha
 voluto, da un lato, sancire il principio della parita' retributiva in
 ambito  pensionistico  tra  dipendenti  che,  pur essendo formalmente
 appartenenti a ruoli diversi (statale e regionale),  avevano  operato
 per  la  stessa  amministrazione  regionale; e, dall'altro, garantire
 proporzionalita' ed  adeguatezza  del  trattamento  pensionistico  in
 rapporto al trattamento economico di attivita' percepito dallo stesso
 personale comandato.
    La  normativa in discorso risulta, quindi, conforme ai principi di
 uguaglianza  ed  adeguatezza  del  trattamento  pensionistico   quale
 retribuzione   differita,   contenuti   negli  artt.  3  e  36  della
 Costituzione.
    Non altrettanto puo' dirsi per  l'art.  16  della  legge  reg.  n.
 11/1988.
    Innanzitutto   la   norma  appare  non  conforme  al  criterio  di
 ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, cui  deve  ispirarsi  il
 legislatore nel porre norme ad efficacia retroattiva.
    L'irretroattivita', afferma costantemente la Corte costituzionale,
 rappresenta   una  regola  essenziale  del  sistema  cui,  salva  una
 effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve  ragionevolmente
 attenersi in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un
 indubbio  cardine  della  civile convivenza e della tranquillita' dei
 cittadini (cfr. sentenze nn. 210/1971, 36 e 349 del 1985 e 155/1990).
    Nella  specie  appare  irragionevole  disporre   la   sostituzione
 retroattiva   di   un   testo   di  legge  che  non  solo  rispondeva
 adeguatamente alla situazione giuridica che l'aveva ispirato, ma  che
 doveva   avere   applicazione   su  una  categoria  di  soggetti  ben
 circoscritta nel  tempo  ed  in  via  di  esaurimento.  La  norma  in
 questione  risulta  ancor  piu' priva di logicita' se si pensa che e'
 stata emanata quando era gia' sorto, in  capo  alla  totalita'  degli
 interessati,  il  diritto a percepire l'assegno integrativo istituito
 dalla precedente legge reg. n. 53/1985.
    La  modifica  apportata  all'art. 9, secondo comma, della legge n.
 53/1985, escludendo dal beneficio pensionistico il personale  statale
 comandato  collocato  a  riposo  a  domanda,  introduce, inoltre, nei
 confronti della restante parte di  personale,  una  non  giustificata
 disparita'  di  trattamento ecnomico. E' del tutto illogico, infatti,
 e, quindi, in  contrasto  con  il  principio  di  uguaglianza  recato
 dall'art.  3 della Costituzione, discriminare quel personale perche',
 in attuazione di un  altro  diritto  garantito  dall'ordinamento,  e'
 stato  collocato  a  riposo  a  domanda,  dopo  aver  prestato  opera
 retributiva  per  l'Amministrazione  regionale  con  decorrenza   dal
 trasferimento   delle   funzioni   dallo   Stato  alla  regione,  non
 diversamente dai dipendenti  statali  comandati  collocati  a  riposo
 d'ufficio.
    Infine,  negando il diritto all'assegno integrativo di quiescenza,
 viene conseguentemente negato anche il diritto,  garantito  dall'art.
 36  della  Costituzione,  alla  proporzionalita'  ed  adeguatezza del
 trattamento pensionistico alla retribuzione percepita in attivita' di
 servizio;  retribuzione  che,   come   si   e'   detto,   comprendeva
 l'indennita' mensile introdotta dalla legge reg. n. 145/1980 e, prima
 ancora, gli acconti previsti dalla legge reg. n. 254/1979.
    Per le considerazioni sopra esposte ritiene il collegio che l'art.
 16  della  legge  reg. n. 11/1988 sia manifestamente in contrasto con
 gli artt. 3 e 36 della Costituzione, nella parte in cui  non  prevede
 che  l'assegno  integrativo  di  quiescenza  sia corrisposto anche al
 personale statale comandato collocato a riposo a domanda.